
In questo nuovo appuntamento con la rubrica lente di ingrandimentto si tratterà dello spinoso tema delle trappole cognitive in cui un investigatore solitamente cade nell’analisi di una scena del crimine.
Per capire bene in cosa consistano è necessario anzitutto accennare alle procedure mentali che sovraintendono in modo più o meno inconscio e automatico il ragionamento umano;
- L’ancoraggio-aggiustamento: che si verifica ad esempio quando si eseguono delle stime partendo da una valutazione iniziale: ancoraggio iniziale che poi modifica sulla base e in relazione ad altri dati che l’investigatore acquisisce nel corso dell’indagine : Si porta in questo caso l’esempio dell’indagine sul caso di Chiara Lombardi nella quale il commissario Colasanti difronte alla presenza del corpo della giovane all’interno della Cisterna delle Sette Sale àncora la propria valutazione iniziale con l’ipotesi dell’omicidio o del malore, che poi progressivamente aggiusta sulla ipotesi dell’omicidio grazie agli ulteriori elementi raccolti sul cadavere.
- La disponibilità: l’investigatore stima la probabilità di un evento sulla base della disponibilità di esempi che riguardano il caso concreto sul quale sta indagando; facendo quindi riferimento a regole di esperienza. Nel caso di sopra, il rinvenimento di un cadavere in un luogo isolato come quello di Chiara Lombardi, a quanto riporta ad un ‘ipotesi di malanno e a quanto ad una ipotesi di omicidio?
- La rappresentatività: l’investigatore individua la relazione tra modello astratto di riferimento e dato concreto sulla base della somiglianza tra i due; a quale modello di riferimento generale il dato concreto del cadavere rinvenuto nella Cisterna delle Sette Sale rimanda?
Ovviamente, perché i modelli teorici di ragionamento investigativo indicati siano di una qualche utilità e portino alla risoluzione del caso è necessario che siano scevri da errori o pregiudizi, altrimenti dette trappole cognitive. Si riconoscono quattro tipologie di errori che comunemente affliggono l’investigatore sulla scena del crimine:
- La trappola del “gruppo” :si verifica quando Colasanti anziché farsi guidare dalle sue doti investigative si lascia andare ad un comune preconcetto o a un più generico e dannoso “sentito dire”; ad esempio, viene arrestato un sospettato in quanto noto pregiudicato con numerosi precedenti specifici; il rischio di questa trappola cognitiva consiste nell’analizzare la scena del crimine con le lenti del pregiudizio verso il sospettato, dando rilievo a tracce che in qualche modo si ricolleghino al sospettato.
- La trappola della “conferma”: ci si intestardisce su una ipotesi investigativa e si tralasciano elementi che in qualche modo la contraddicano; si pensi all’individuazione di tracce che vengono interpretate solo in un senso o, peggio, si scartano tracce che possano contraddire il convincimento dell’investigatore: se Colasanti fosse caduto in questa trappola non avrebbe risolto brillantemente il caso Zappalà, nel quale spiccò la sua bravura nell’ascoltare tutte le risultanze testimoniali e dare loro pari valenza in modo da poter poi scegliere quella giusta che si sarebbe rivelata essere determinate per incastrare l’assassino.
- La trappola dell’”aspettativa”: il testimone silente di una traccia viene manipolato allo scopo di arrivare alla soluzione sulla quale ci si è intestarditi. Quali tracce possono escludersi e quali invece considerare con attenzione in una scena del delitto? Certo, ove si accolgano acriticamente scelte preconfezionate, si tenderà a scartare quelle che portano in tutt’altra direzione; errore comune e particolarmente dannoso in una attività di investigazione.
- La trappola dell’”ipotesi contraria”: la propria ipotesi investigativa è quella giusta a discapito di ogni ipotesi contraria; caso di scuola molto comune che siverifica quando sulla scena del crimine vi siano più figure professionali che avanzano le proprie proposte, sistematicamente scartate dall’investigatore “geloso” della sua scelta.
Maggiore sarà l’esperienza acquisita sul campo dall’investigatore minore sarà il rischio di cadere in una delle comuni quattro trappole appena indicate; ma bisogna fare attenzione perché la stessa esperienzapuò costituire una trappola qualora non venga contestualizzata al caso concreto : Colasanti si è trovato nel corso della sua carriera a dover combattere parecchie volte con investigatori di maggior esperienza che però peccavano della presunzione di voler risolvere direttamente un caso solo perché “simile a quelli gà trattati in precedenza”, senza però prendersi il fastidio di confrontare la propria esperienza con il caso concreto.
Infine, se l’indagine non sembra procedere in alcun modo e aleggia nell’aria lo spettro del buio nel quale si rischia di brancolare, mai farsi scoraggiare e cedere alla pressione emotiva. Anche Colasanti ha dovuto affrontare situazioni nelle quali la gravità del fatto (ritrovamento della Rota degli Esposti), o la rilevanza giornalistica (omicidio Chiara Lombardi) avrebbero imposto una risoluzione in tempi brevissimi dell’indagine. Del resto come lo stesso commissario ama dire “in una indagine di polizia giudiziaria, più il tempo passa più la verità fugge”, ma bisogna fare attenzione anche affinchè l’ansia di chiudere l’indagine non faccia invece nascondere la verità sotto il naso.