Una fase molto importante nella indagine di una scena del crimine è quella immediatamente successiva allo stadio esplorativo e prende il nome di fase interpretativa o ermeneutica. Nella prima fase si raccolgono tutti i dati possibili, vale a dire testimonianze, intercettazioni ambientali o telefoniche, analisi di laboratorio, confronto di dati conservati in archivio sino a qualunque altra attività di riscontro investigativo possibile; nella seconda, invece, si procede alla analisi specifica di tutte le informazioni desunte dai dati sino a quel momento acquisiti.

     A titolo esemplificativo, si può pensare alle varie fonti da cui i preziosi dati di indagine vengono raccolti:

  • Atti di indagine a contenuto descrittivo , quali verbali, referti schizzi o planimetrie, documenti personali,ecc.
  • Atti di indagine nei quali prevale l’aspetto tecnico-scientifico, quali l’autopsia e i rilievi sul posto
  • Raccolte audio-video, vale a dire le intercettazioni ambientali e telefoniche o i filmati di videocamere di sorveglianza
  • Analisi di laboratorio, quali le analisi sul DNA , i residui di polvere da sparo, le impronte digitali
  • Analisi criminologiche, vale a dire la ricostruzione dell’aspetto psicologico del reo e della vittima o dell’intera dinamica del crimine:
  • In ultimo non bisogna trascurare i dati d’archivio, attualmente facilmente analizzabili tramite l’utilizzo di archivi informatici, quli quelli relativi al DNA, alle impronte, alle fibre tessili o alle tracce di vernici ritrovate sulla scena del delitto, alle analisi anagrafiche.

    L’enorme mole di dati così raccolta nella imprescindibile fase esplorativa deve quindi essere analizzata nella successiva fase interpretativa in cui l’investigatore delle eliminare il significato individuale che il singolo dato ha per contestualizzarlo in una più ampia visione dell’indagine facendosi guidare dal criterio in base al quale la perdita del significato individuale porta naturalmente a rafforzare quello più generale e complessivo; in pratica è come procedere ad una lenta e composizione di un complesso rompicapo .Il significato individuale del singolo pezzo (es. l’impronta digitale) viene a perdere la sua importanza quando riesce ad essere incastrato in un disegno più ampio (la ricostruzione della scena del crimine) entro il quale lo stesso singolo pezzo acquista un significato più generale; cosicchè, ad esempio quella impronta trovata sulla scena del crimine trova coerente conferma nel DNA del sangue ritrovato vicino ad essa, cui magari può seguire la testimonianza oculare di chi ha effettivamente veduto proprio quella persona cui appartengono impronte e DNA sulla scena del delitto.

       Questo processo si realizza solo quando l’investigatore, partendo da una base grezza di dati raccolti impersonalmente sulla scena del delitto, proceda, tramite il confronto, l’analisi reciproca e la ripetuta verifica dei medesimi.

       E’ necessario, in altri termini, per la buona riuscita dell’indagine una sinergia tra tutte le componenti probatorie, siano esse tradizionali che scientifiche. Ecco quindi risolto il mistero della elevata capacità del commissario Colasanti di risolvere i casi di omicidio che si è trovato ad affrontare, primo fra tutti quello di  Chiara Lombardi: solo attraverso l’esame congiunto di tutti i dati acquisiti e fornito non solo dall’analista di laboratorio ma anche dal medico legale e dagli uomini della sua squadra che concretamente avevano esaminato la scena del crimine, il commissario era stato in grado nel giro di poco meno di una settimana di individuare,senza ombra di dubbio, l’autore del brutale omicidio.Chissà quali vette professionali avrebbe raggiunto Colasanti, se oltre al suo invidiabile intuito investigativo avesse potuto fare riferimento anche agli strumenti tecnico-scientifici attuali, primi fra tutti l’esame del DNA.