Bere dalla tazza del bagno ?

 

Non è una domanda retorica come può apparire ad una prima approssimazione. Partendo dal presupposto che, eccezion fatta per qualche industria europea di mobili, i cui servizi igienici nei centri di vendita al dettaglio utilizzano acqua reflua non si sa bene per quale specifico principio di economia e rispetto dell’elemento fondamentale per la vita sulla terra, la stragrande maggioranza dei servizi igienici del nostro Paese utilizza per lo scarico la stessa acqua che si utilizza per lavarsi o farsi qualche bevuta improvvisata, venisse mai a mancare l’altrettanto bene forse ancor più prezioso dell’acqua minerale. Tanto premesso, a mente fredda, la domanda assume un significato molto meno scontato che all’inizio. Guardando con attenzione la foto  sarebbe davvero da chiedersi perché non provare a dissetarsi da una fonte così bianca e pulita; a vedere l’acqua scorrere verrebbe quasi sete; eppure…eppure nessuno sano di mente o presunto tale lo farebbe, per quanto pulita ed invitante la tazza possa sembrare.

Si prenda, titolo esemplificativo e per uscire dalla metafora il personaggio storico piuttosto famoso almeno sino a tutti gli anni ’50 di Saverio Pòlito, Questore di Roma all’epoca delle vicende che hanno interessato il commissario Colasanti.Ovviamente quello descritto nel romanzo è un personaggio di fantasia, ma chi era nella realtà storica dei fatti il Questore di Roma?

Entrato in polizia già nel 1907, a cavallo degli anni ’20 prestò servizio a Napoli. Qui cominciarono a giare molte voci che lo accusavano di appropriazioni indebite e tangenti e di contatti con la camorra.
Pòlito fu quindi trasferito a Civitavecchia, dove strinse forti rapporti con le gerarchie fasciste. Negli anni successivi ricevette molte promozioni: la sua ascesa durante il regime fascista sembrava inarrestabile. Tra il 1932 e il 1933 fu incaricato di organizzare e dirigere la IV Zona dell’Ovra, la polizia politica fascista: nel 1933 fu quindi promosso questore «per aver reso numerosi importanti servigi di indole politica al Regime».
Negli anni successivi, le relazioni prefettizie lo descrivevano come dotato di una «schietta passione fascista che acuisce in lui perspicacia e volontà nel perseguire i nemici del regime» e Pòlito stesso si autorappresentava come convintamente fascista.
Malgrado la sua evidentemente specchiata fedeltà al fascismo, non ebbe problema alcuno a passare dalla parte dei badogliani e a scortare il suo capo, Mussolini, al confino sull’isola di Ponza ove trascorse appena dieci giorni.Non fece una piega nemmeno quando si trattò di scortare sua moglie, Rachele Mussolini alla Rocca delle Carminate, ove l’ormai ex duce del fascismo aveva la residenza estiva. Ebbene, il viaggio non fu proprio dei più tranquilli se il tribunale di Bergamo lo condannò il 20 marzo del 1945 a venticinque anni di galera per atti di libidine violenti ai danni della moglie di Mussolini consumata in auto durante il tragitto. Solo nel 1956 e dopo aver trascorso qualche tempo in galera, Polito riuscì a farsi annullare quella pesante sentenza definita da lui stesso “fascista”.
Riassumendo, un fascista più che convinto, al punto di far parte dell’O.V.R.A., la polizia segreta fascista, si adopera per scortare lui stesso il suo ex capo del governo al confino, approfittando anche di un viaggio in macchina fuoripista per divertirsi con la di lui moglie. E venticinque anni di condanna non sono certo uno scherzo. Che cosa le avrà fatto per meritarsi una condanna così pesante come un omicidio?
Sta di fatto che il caro Saverio ebbe anche l’opportunità per diventare un uomo delle istituzione repubblicane, facendo il Questore a Roma. Si tralascia l’episodio che lo portò nuovamente a processo come imputato per depistaggio prima e favoreggiamento dopo nel caso Montesi, dal quale fu poi assolto, perché comunque estraneo all’argomento di questo articolo, ma a questo punto la domanda iniziale ritorna: chi sarebbe disposto a bere dalla tazza del bagno, per quanto pulita possa essere o… sembrare tale?

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