Rosetta Bencivegna

Rosetta Bencivegna nasce in un assolato pomeriggio di fine marzo del 1924 nella casa di famiglia ai Parioli; figlia di un famoso notaio, è la primogenita di quattro figli di cui tre maschietti: Attilio di quattro anni più piccolo avrebbe intrapreso la professione notarile che il padre aveva già predisposto per lui prima ancora che fosse concepito; Franco, il più piccolo nato subito dopo Attilio, avrebbe abbracciato una promettente carriera forense.

Papà Anselmo non visse con particolare entusiasmo la circostanza che il primogenito fosse di sesso femminile, ma fece rapidamente di necessità virtù impegnandosi a riparare immediatamente all’inconveniente cui era incorso; trovò la sorte particolarmente benigna in questo senso, riuscendo a garantire tre eredi maschi.

Per quanto si sforzasse di mostrarsi equanime con tutti i quattro figli, Rosetta non dovette aspettare molto prima di rendersi conto della sua sfavorevole posizione. Di carattere coriaceo e volitivo, cercò ben presto altrove quella legittimazione affettiva che in casa trovava piuttosto carente nella persona che aveva costituito da sempre il suo essenziale punto di riferimento. Accettò quindi con entusiasmo l’ingresso nell’ Opera Nazionale Balilla, prima come figlia della lupa, poi come piccola italiana, al compimento degli otto anni e infine come giovane italiana nel 1933.

La Rosetta del dopoguerra avrebbe avuto difficoltà a riconoscersi in quella divisa; ma la sua incoerenza politica si sarebbe dimostrata apparente agli occhi di chi conosceva molto bene il suo carattere. Tradita prima dal padre e poi dal Duce, guardò con malcelata ammirazione la ferma coerenza interna dei comunisti, sino al punto da diventare giornalista del loro organo di partito.

L’idea di offrirsi come apprendista al giornale comunista a 22 anni fu da lei vissuta come una scelta obbligata, considerate le continue e pressanti richieste del padre che si intestardiva a combinare matrimoni più o meno probabili con benestanti esponenti dell’ambiente forense romano. Probabilmente l’intima convinzione maturata dalla giovane Rosetta era quella di aver subito l’ennesimo tradimento da parte dell’uomo per lei più importante al mondo: prima scavalcata dall’affetto provato verso i suoi fratelli minori e poi scaricata al primo avvocato che passava da casa Bencivegna.

Sarebbe stato sufficiente comprendere questo perché Anselmo non si intestardisse con continue ed improbabili proposte di fidanzamento che Rosetta avrebbe fatto sistematicamente fallire. Non che a Rosetta gli uomini le fossero indifferenti, al contrario; ma sarebbe stata in ogni modo convinta che il tradimento l’avrebbe attesa dietro ogni angolo: “mi ha tradito papà, chiunque peggio di lui potrà farlo prima o poi”, pensava amareggiata alla fine di ogni violenta discussione con il padre che sistematicamente seguiva l’ennesimo rifiuto di un fidanzamento ufficiale.

Gli studi classici concessigli da papà Anselmo, che le valsero il diploma al Liceo Ginnasio Regina Elena, dal ’46 “Goffredo Mameli”, con il massimo dei voti furono molto apprezzati da Amilcare Mancini, mentore e guida della ventiduenne apprendista. Subito messa sotto la sua esperta guida, le permise di diventare una delle migliori giornaliste della cronaca di Roma.

Inizialmente lo seguiva come un’ombra in ogni servizio o intervista, cercando di imparare il prima possibile da una guida maschile finalmente sicura ed affidabile. E sicuramente chiunque al giornale avrebbe riconosciuto la mano di Amilcare nel primo articolo che Rosetta pubblicò orgogliosamente sulla cronaca locale del primo gennaio del ’46 a proposito di una sparatoria in pieno centro avvenuta intorno alle 22 del 30 dicembre, quando due soldati alleati avevano pensato bene di rincorrersi per le vie della Capitale sparandosi l’un l’altro colpendo uno dei due malcapitati passanti che avrebbero poi reso testimonianza alla stessa Rosetta, ricostruendo l’accaduto e permettendole di scrivere il  primo articolo della sua promettente carriera da giornalista. ”Un giovane manovale ferito in una sparatoria tra alleati”, sarebbe stato il titolo dell’ideale passaggio di consegne tra Amilcare e Rosetta sulla seconda pagina de l’Unità.