Guglielmo Quartuccio

Guglielmo Quartuccio nasce nel maggio del 1889 al primo piano di una palazzina in stile liberty al 357 dell’attuale Corso Vittorio Emanuele a Torre del Greco. Sesto figlio di Gennaro, impiegato delle poste a Napoli e Carmela, casalinga di Somma Vesuviana, Guglielmo capì subito che l’unico modo per contribuire alle scarse finanze familiari era trovarsi uno stipendio il prima possibile.

Fu così che, grazie alle conoscenze maturate da Gennaro a Napoli, entrò nel corpo delle regie guardie di pubblica sicurezza che non avrebbe più abbandonato se non alla fine degli anni 50. La licenza elementare che papà Gennaro era stato in grado di garantirgli non gli permise di scalare parecchi scalini della scala gerarchica della Polizia, ma gli concesse non di meno un dignitoso stipendio che gli permise di mettere su famiglia nella lontana Roma dove fu trasferito dopo pochi anni di gavetta alla questura di Napoli.

Il caso giudiziario più eclatante che il brigadiere ricorda con maggior vividezza, da quando fu trasferito alla sezione omicidi della squadra mobile della Capitale, al di là della nota vicenda della giovane Chiara Lombardi, è quello relativo al fotografo Gino Girolimoni, considerato come l’autore dell’omicidio di quattro bambine e dello stupro di altre due tra il 1924 e il 1927.

Tutto iniziò con la scomparsa della piccola Emma Giacomini di quattro anni il 31 marzo del 1924. All’epoca la guardia scelta Quartuccio faceva parte da poco tempo della prestigiosa sezione omicidi; furono proprio gli uomini della squadra di cui faceva parte a trovarla la sera dello stesso giorno a Monte Mario, ancora viva. “ Non l’avevano manco violentata” ricorda ancora oggi il brigadiere. I tempi però erano particolari e il regime fascista guardava con occhio particolare soprattutto le vicende della Capitale; L’intera questura ricevette una incredibile pressione politica perché si addivenisse rapidamente alla cattura del responsabile.

La situazione però andò progressivamente degenerando: prima ad aprile e poi a novembre due bambine di tre anni vengono rinvenute uccise e con evidenti segni di violenza sessuale. Quartuccio ricorda come se fosse ieri la folla di circa centomila persone al funerale della seconda bambina di cui non ricordava il nome, così come ricorda l’insostenibile pressione subita dal governo per risolvere il caso nella maniera più rapida ed efficace possibile. Peccato che seguirono altri tre omicidi tutti caratterizzati dalla violenza sessuale su bambine, di cui una di appena 18 mesi.

Non potendo aspettare oltre e temendo ormai per la propria incolumità professionale, la sezione omicidi lavorò come un sol uomo e dopo inevitabili incidenti di percorso, come quello che portò all’arresto di un vetturino di 28 anni, Amedeo Sterbini, poco dopo suicidatosi per la vergogna; l’indomito e formidabile lavoro della sezione portò ad arrestare il vero colpevole della barbarie che da tre anni insanguinava le strade e la coscienza di Roma.

Malgrado l’isolamento di quattro mesi nel carcere di Regina Coeli cui fu sottoposto, il Girolimoni, un mediatore di cause per infortuni con la passione per la fotografia, non confessò mai e fu persino assolto dal giudice istruttore nel 1928.

A distanza di più di vent’anni il brigadiere Quartuccio risponde irritato con malcelata indignazione alle accuse più volte formulate, soprattutto alla caduta del regime fascista circa la assoluta falsità delle prove costruite contro il Girolimoni, aggiungendo che, quanto fatto dal commissario Dosi per scagionarlo, andando a prendersela addirittura con un alto prelato del Vaticano, altro non era se non un ulteriore buco nell’acqua.

Fedelissimo uomo delle istituzioni, Quartuccio ha “tenuto a battesimo” la maggior parte dei funzionari succedutisi alla direzione della sezione omicidi, trovando una particolare intesa con il dottor Colasanti.